Cosa significa colesterolo non HDL? Ecco perché potrebbe essere più importante del totale

Il termine “colesterolo non HDL” indica la quota di colesterolo presente nel sangue che non è trasportata dalle lipoproteine ad alta densità (HDL), ovvero il cosiddetto “colesterolo buono”. Il valore viene calcolato sottraendo dal colesterolo totale la frazione HDL, e rappresenta un parametro molto rilevante per la valutazione del rischio cardiovascolare poiché include tutte le forme di colesterolo potenzialmente dannose, non solo le LDL (Low Density Lipoprotein) ma anche le VLDL, le IDL e la lipoproteina(a), tutte considerate lipoproteine aterogene in grado di favorire la formazione di placche nelle arterie.

Come si calcola e cosa rappresenta il colesterolo non HDL

Il calcolo della quota non HDL è semplice: basta sottrarre il valore delle HDL dal colesterolo totale. In pratica, l’equazione è: Colesterolo totale – Colesterolo HDL = Colesterolo non HDL. Questa semplice formula permette di quantificare tutte le componenti di colesterolo che si trovano in lipoproteine diverse dalle HDL, quindi LDL, VLDL, IDL e lipoproteina(a). Tutte queste particelle, definite aterogene, sono capaci di penetrare nella parete arteriosa e contribuire al processo infiammatorio e alla formazione di aterosclerosi, cioè il deposito di grassi e altre sostanze nelle arterie.

Rispetto al valore isolato del colesterolo LDL, il colesterolo non HDL offre una visione più estesa del potenziale rischio, poiché considera anche altre particelle particolarmente pericolose nelle persone con alti livelli di trigliceridi.

Perché può essere più importante del colesterolo totale

Il colesterolo totale include indistintamente colesterolo “buono” (HDL) e “cattivo” (LDL, VLDL, IDL, lipoproteina(a)). Tuttavia, solo alcune componenti sono responsabili dello sviluppo delle malattie cardiovascolari. Il valore non HDL isola quindi la quantità di colesterolo potenzialmente dannoso, fornendo un indicatore più mirato del rischio reale, rispetto al valore complessivo.

Studi e linee guida indicano che il colesterolo non HDL ha un potere predittivo superiore rispetto al colesterolo LDL, soprattutto in contesti di ipertrigliceridemia, ossia quando i trigliceridi superano i 200 mg/dl. In questi pazienti, altre frazioni lipidiche come VLDL e IDL aumentano in modo rilevante, e la sola valutazione dell’LDL non basta a identificare il rischio vero e proprio di sviluppare patologie aterosclerotiche.

Nella pratica clinica, il valore di riferimento per il colesterolo non HDL si ottiene aggiungendo 30 mg/dl al valore di riferimento del colesterolo LDL; cioè, per soggetti a rischio molto elevato, il target scende a 100 mg/dl (contro i 70 mg/dl per l’LDL), salendo in modo graduale nelle classi di rischio inferiore.

Ruolo delle diverse frazioni di colesterolo

L’HDL viene comunemente definito “colesterolo buono” perché trasporta il colesterolo in eccesso dalle arterie al fegato, dove viene smaltito. Un valore elevato di HDL è considerato protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari, mentre un valore basso rappresenta un fattore di rischio.

Al contrario, tutte le frazioni presenti nel colesterolo non HDL sono definite “cattive” perché favoriscono l’accumulo di placche nelle arterie. Oltre alle LDL, che sono le più abbondanti, nelle condizioni di elevata presenza di trigliceridi aumentano anche VLDL, IDL e lipoproteina(a), tutte legate a un incremento del rischio cardiovascolare.

Colesterolo LDL

Questa frazione, che costituisce la maggior parte del colesterolo “cattivo”, è la principale responsabile del trasporto del colesterolo dal fegato ai tessuti. In caso di eccesso, le LDL si depositano sulle pareti delle arterie, contribuendo all’aterosclerosi.

Colesterolo VLDL e IDL

Le VLDL sono particelle ricche di trigliceridi che, dopo aver perso parte dei trigliceridi, si trasformano in IDL (Intermediate Density Lipoproteins) e infine in LDL. Soprattutto nei soggetti con alti trigliceridi, queste particelle contribuiscono in modo significativo alla crescita delle placche aterosclerotiche.

Lipoproteina(a)

Questa lipoproteina, spesso abbreviata in Lp(a), è geneticamente determinata e aumenta ulteriormente il rischio di malattie cardiovascolari quando presente a livelli elevati.

L’importanza dello screening e monitoraggio

Il dosaggio del colesterolo non HDL è particolarmente utile nello screening generale della popolazione e nel monitoraggio dei pazienti a rischio di malattie cardiovascolari. A differenza dell’LDL, che richiede un digiuno per una misurazione accurata, il non HDL può essere misurato in qualsiasi momento della giornata, rendendolo più pratico per controlli di routine grazie alla sua minore variabilità.

Nei soggetti con ipertrigliceridemia, diabete, obesità o sindrome metabolica, la misurazione del colesterolo non HDL offre una valutazione più completa e attuale del rischio cardiovascolare rispetto al solo LDL, proprio perché racchiude il contributo delle numerose frazioni aterogene che si possono trovare in maggiore quantità in questi pazienti.

Inoltre, ricordando che il colesterolo HDL protegge le arterie, una diminuzione di questa frazione insieme a un incremento del non HDL suggerisce un rischio ancora più elevato rispetto alla semplice somma dei parametri isolati.

Prevenzione, stili di vita e trattamento

Per ridurre il colesterolo non HDL e quindi il rischio cardiovascolare, le raccomandazioni sono in linea con quelle valide anche per gli altri tipi di dislipidemie:

  • Alimentazione equilibrata, povera di grassi saturi e trans, ricca di fibre e povera di zuccheri raffinati.
  • Attività fisica regolare, che aiuta a migliorare il profilo lipidico globale e ad aumentare l’HDL.
  • Controllo del peso corporeo, essenziale soprattutto in presenza di sindrome metabolica.
  • Astensione dal fumo, noto fattore peggiorativo del rischio cardiovascolare.
  • Gestione attenta di altre condizioni associate come diabete, ipertensione e ipertrigliceridemia.

Nei casi in cui le misure non farmacologiche siano insufficienti, il medico può prescrivere farmaci ipolipemizzanti (come le statine) per ridurre il colesterolo non HDL.

La valutazione periodica del profilo lipidico completo resta fondamentale per monitorare i risultati del trattamento e modulare la strategia terapeutica, personalizzata in base alle singole caratteristiche di rischio.

Ogni paziente dovrebbe discutere con il proprio medico i valori target di colesterolo, considerando non solo LDL e totale, ma, sempre di più, il colesterolo non HDL, in virtù della sua capacità di predire il rischio di eventi cardiovascolari e di riflettere meglio lo stato di salute dei vasi sanguigni.

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